Senza titolo

Ogni tanto, sotto una luna piena abbastanza casuale, è più notte del solito. E mi rannicchio, chiudo ogni spiraglio, tiro le lenzuola fino a che mi coprano tutto. Ogni tanto è così tanto notte che l’alba nemmeno la si immagina.

Ogni tanto, ogni quattro lune di solito, giro di scatto la testa di lato e trovo un familiare vuoto.
Un vuoto ricco di spine, un anfratto ben conosciuto e a lungo odiato. Uno sgabuzzino in cui entrare a testa bassa, col solo scopo di far pace, dire due parole sottovoce e abbracciarsi teneramente.

Non c’è strazio, non c’è disperazione, non c’è lamento che non sia (nel fondo) anche falso.
Non c’è dolore che (in fondo) non sia anche un po’ colpa mia.
Non c’è sonno in tutti i minuti di questa lunga notte
vacua
asciutta
silente
tutta pensieri e nemmeno una cazzo di parola.
Tutta spirito e nemmeno un grammo di carne.

Una notte per volare via, una notte per piantare i piedi nella terra fradicia.
Una notte di luna piena, in cui scrivere perchè di meglio non si sa fare.
Scrivere come unica vocazione, scivolando accanto a due occhi, fari intermittenti
nella memoria.

Scosse di assestamento, scossoni, frenate, fermate e tre parole, come pugni sul grugno.
Batto i piedi e batto le dita sulla tastiera ma ma ma questa notte
non scivola via
nemmeno un minuto
nemmeno un respiro.

Ode al cane – Pablo Neruda

Il cane mi domanda e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda
senza parlare
e i suoi occhi son due domande umide,
due fiamme
liquide
interroganti
e non rispondo, non rispondo perché non so
e niente posso dire.

[…]
(Pablo Neruda)

Good morning, heartache

Io ti ho rivisto,
ho rivisto il tuo vestito carta da zucchero
così bello e sinuoso
con te dentro.

Io ti ho rivisto
e lo voglio confessare
come se fosse un crimine.

Un atto di coraggio, di strizza,
un’illusione ad una sola faccia,
un’alba riportata indietro a ripetizione finché
non ci si stanca e ci si nausea
e ci si affligge e ci si tortura con essa
e ancora e oltre e molto di più e
fino alla fine e ancora
altri
cinque minuti.

“Pop!”

Nell’immoto turbinio dei “senza” dei “dopo”
al quale si aggiunge goffa la saggezza dei “prima”
gattono nel mondo, guardo dentro, mi inebrio e mi sospendo
per un po’.

Di ritorno al focolare -ormai spento- ritrovo l’ingombrante presenza
di un ospite restio a lasciarmi il letto.
Dopo tanti giorni volati via
forse rimane per dispetto
o grazie ad un filo di magia.

Nicole Minetti lo conferma

Anche in Italia esistono le carriere-lampo

Attenzione: in questo post è presente un fine gioco di parole.
I lettori sono pregati di leggere il post dopo i pasti, comodamente seduti.In caso di mancata comprensione consultare una velina.
Tenere fuori dalla porcata dei bambini.Aut.Min.Ric.