the end

now look at yourself: stuck, dumb, swollen, cretin, idiot, sick, almost dead, blind and deaf. Screaming to a black sky in pure agony, playing with pain and its toys… look at yourself in a hospital bed, crying for another sun, another summer, pointlessly arguing with fate, desire, life, God and Nature.

Drugs that makes you feel cold, drugs that makes you feel hot. To die in a hospital bed it wasn’t an option when the Bible was written. We are ment to die in a field, like Jim said, close to a snoring cow or feeling a snake skin. We are Earth and we are meant to melt with it.

 

A Roma.

Dal Tufello alla Casilina Roma si snoda, come polpo, abbracciando e stritolando rami, foglie, palazzoni sbalconati, strade, porchettari, gente, auto, posteggi, autobus, frasi smozzicate. Roma si stende e si slaccia, si fa amica dell’architettura raffinata come dei calcinacci delle borgate. A Roma, quando ci arrivi, c’e’ sempre un’aria diversa, pare d’essere un po’ al Sud. A stare sul piazzale delle grandi stazioni della capitale, sotto il sole, si sente il fremito dei passanti, il brulicare di tram e macchine che scorrono e inconsapevolmente partecipano anche loro al grande film della vita, fresco davanti agli occhi di chi guarda. A Roma c’e’ sempre chi e’ stressato e grida, c’e’ sempre l’autista dell’autobus che ha la battuta pronta, anche un po’ sconcia se si e’ fortunati.

Aho’ e’ mezzora che l’aspetto sto bbus!

Aho’, signo’, che c’avevamo un appuntamento?

A Roma per prendere un autobus ci puoi mette’ ‘na vita. Eppure quando l’autobus arriva Roma puo’ farti dimenticare l’attesa, sventolando fuori dal finestrino le sue mille meraviglie, i suoi fusti secolari e i suoi parchi.

A Roma c’e’ la pizza e la pasta, c’e’ un caffe’ che non te lo dimentichi; ci sono i turisti e le domeniche piatte in cui non far niente.

A Roma, davanti a monumenti come il Vittoriano, il Cupolone o San Giovanni pare di non esserci. Di fronte a cotanta magnificenza, cappello di piume costruito quasi a sfida, a sberleffo verso il cielo, il passante puo’ sentirsi totalmente escluso da quel dialogo fra giganti. L’osservatore, in quel caso, puo’ solo osservare da lontano tale lotta con un po’ di terrore negli occhi e tanto stupore nel vedere l’Uomo contrapporsi al divino,  in una dialettica dicotomica che oppone l’Oggi al Sempre, la carta stampata alla Bibbia.

 

ParabolArtistica

Un blog lo si apre con l’illusione che ci sia ancora qualcosa da dire.

Lo si tiene aperto con le idee, l’abitudine e la necessita’ di dire.

Lo si chiude quando l’illusione svanisce, la parola si secca, la lingua si ritira.